Janbas Kala castello del deserto

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A 160 chilometri da Urgench nella regione di Ellikkala di Karakalpakstan, all’estremità nord-occidentale delle “Terre dell’antica irrigazione” di Khorezm, sorge uno dei più antichi e interessanti monumenti dell’Asia centrale: la fortezza Janbas-kala.

Viaggio in Uzbekistan JANBAS KALA
Uzbekistan

Il famoso storico e archeologo – Tolstov S.P. fa risalire la sua origine al IV secolo a.C. E poiché la storia dell’antico Khorezm viene suddivisa in due periodi: Kanguy e Kushana, in conformità ai nomi delle formazioni statali, la cui parte allora fece Khorezm, va aggiunto, che la nascita della fortezza Janbas-Kala appartiene al periodo più antico – Kangyu.

Janbas-kala sorge su una delle pendici di una deserta, stesa da nord-ovest a sud-est altura pianeggiante, che chiude una catena di colline, che si prolunga verso sud-est partendo dal massiccio Sultan-uizdag. La fortezza ha la forma rettangolare di 200×170 m di dimensioni, abbastanza precisamente orientato con gli angoli secondo i punti cardinali.

Le doppie mura della fortezza di più di 5 m di spessore totale, in alcune parti essendo state coperte da dune, si conservarono perfettamente e quasi per tutta la loro estensione raggiungono circa 10 m di altezza sul livello della collina. All’interno delle mura della fortezza corre la tipica galleria larga 2,80 m, che fu divisa in due piani da un solaio, il che evidenziano le incavature per le travi tuttora visibili nelle pareti della galleria. Il muro esterno della fortezza è totalmente coperto da strette e alte feritoie a forma di freccia, disposte su due file a scacchiera. Le feritoie a forma di freccia di tale tipologia risalgono alla tradizione assira, altrettanto passando attraverso la storia dell’Iran achemenide e partico. La parte inferiore delle feritoie è fortemente inclinata verso l’esterno, per rendere possibile scoccare le frecce verso i piedi del muro. Una delle caratteristiche di Janbas-kala è la completa assenza delle torri difensive, sia agli angoli che lungo il perimetro delle mura. Per recare danno ai fianchi dell’esercito in assalto alle mura furono previste le feritoie messe in diagonale a ogni 20-25 feritoie ordinarie, unite in gruppi da tre: una dritta al centro e due diagonali sui lati. Ciascuno di questi gruppi di feritoie poteva servire uno solo arciere, che si metteva in una piccola nicchia, ove si aprivano tutte e tre feritoie. Anche gli angoli della fortezza erano protetti dallo stesso sistema di feritoie diagonali in questo caso disposte a coppie, mentre un angolo della fortezza era protetto da una sola feritoia.

L’ingresso della fortezza proteggeva una complessa struttura creata per far sì, che i nemici penetratevi dentro subito capitassero in uno stretto corridoio, sotto tiro dei difensori della fortezza. Si può affermare, che tale “labirinto d’ingresso” era un metodo di difesa molto efficace. Ciò testimonia un’ampia breccia nel muro, che si vede nelle immediate vicinanze della porta, a sud di essa. Il bordo meridionale di questa breccia, di aspetto tondeggiante va interpretato come segno lasciato da un ariete. Dunque, vista l’impossibilità di assalire alle porte ben fortificate, il nemico rimase costretto a sfondare le mura.

Tuttavia va notato, che in generale il sistema di difesa di Janbas-Kala era di carattere estremamente primitivo. La mancanza delle torri di difesa costrinse i suoi architetti a creare il sistema di feritoie poco economico. Siccome per sfruttarle tutte assieme sarebbe stato necessario coinvolgere nella difesa circa duemila arcieri, una cifra enorme per questa relativamente piccola fortezza. Ciò indica l’arcaicità di questo metodo di difesa e la sua indubbia origine locale, siccome nell’antico oriente il sistema di difesa delle mura e degli angoli mediante le torri fu elaborato almeno nel III millennio a.C. Tale sistema di fortificazione probabilmente richiedeva la partecipazione alla difesa di tutti gli abitanti della fortezza e a quanto pare, si trattava non solo degli uomini. Il che si può considerare la conferma indiretta dell’attiva partecipazione anche delle donne nelle azioni belliche, come venne menzionato da autori antichi. Tuttavia la difesa, anche in questo caso, poteva essere garantita solamente ad uno dei muri, eppure senza poter sfruttare tutte le feritoie disponibili.

L’area interna della fortezza, da nord-ovest a sud-est, attraversa una strada larga circa 30 m, che parte dall’ingresso di Janbas-kala. Ai lati di questa via si stendono due vaste aree residenziali. Ciascuno di questi quartieri rappresenta un insieme di locali residenziali uniti tra loro, senza le vie che li avrebbero divisi in abitazioni separate. Solo alcune zone all’interno dei quartieri furono lasciate libere, in qualità dei piccoli cortili interni. Ogni quartiere comprendeva circa 150-200 stanze relativamente piccole e di circa le stesse dimensioni. Questo è un fatto molto importante, che dimostra una tipica forma di divisione sociale presente in tutti i popoli primitivi, chiamata l’organizzazione duale, nella quale i rappresentanti di ogni gruppo potevano sposarsi solo con i rappresentanti di un determinato clan del gruppo opposto.

Sono di notevole interesse anche i dati forniti dagli scavi effettuati in un grande edificio situato sul lato opposto rispetto alla porta della fortezza. Dove, lungo il perimetro interno di una piccola stanza angolare, venne trovato uno strato di cenere nero-rossastra, mentre il centro della stanza era riempito della sabbia contenente le tracce di argilla e macchie di cenere bianca. Le pareti della stanza conservavano i segni di un forte incendio. Lo scavo nel pavimento rivelò uno spesso strato di indurita e mineralizzata cenere di saksaul. Successivamente si scoprì la planimetria molto caratteristica di questo locale. Lungo il muro sud-est, coprendo parzialmente due muri adiacenti, fu fatta una stretta panchina di mattoni alta circa 40 cm, il cui bordo superiore fu leggermente ondulato con l’uso dei mattoni di diverse misure e dell’intonaco profilato, probabilmente a scopo di separare un posto da sedere dall’altro. Il centro della stanza era occupato da un parzialmente distrutto podio ovale.

La diligenza con cui fu fatto questo podio e il suo profilato rivestimento ci spingono all’idea, che questa stanza fu destinata alle funzioni speciali. Si suppone, che fosse stato un tempio del fuoco, ove su un’ara di ferro ardeva il fuoco inestinguibile di Janbas-kala, la pratica tipica per il rituale zoroastriano. Probabilmente la cenere del fuoco sacro non poteva essere buttata via. Pertanto quando se ne fu accumulata troppa, la compattarono e coprirono di argilla, lasciando aperta la superficie del podio. Anche il locale situato dietro la stanza descritta è particolarmente interessante. Durante gli scavi fu scoperto, che il suo esteso e completamente liscio pavimento era coperto di cocci e numerosi frammenti delle ossa animali. Probabilmente perché qui venivano organizzate le celebrazioni religiose con molti partecipanti. Per chiarire la funzione sia di questa stanza che di tutto l’edificio, è molto importante una descrizione di al-Biruni fatta a proposito delle festività zoroastriane in Sogdiana, secondo la quale durante molte di queste festività le riunioni pubbliche e banchetti collettivi spesso si svolgevano nelle cosiddette “case del fuoco” (buyut niran).

I moderni tagiki, che abitano nelle zone montuose tuttora conservano la tradizione di allestire presso le moschee tali “case del fuoco” (alau-khana), il che evidenzia il loro originale carattere religioso. In queste “case” gli uomini del villaggio trascorrono il tempo libero, provvedendo legna e prodotti per organizzarvi i pasti collettivi, ciò corrisponde alle funzioni delle “case del fuoco” di al-Biruni. Allo stesso tempo questi particolari “club di uomini” tagiki fungono da ostelli per i viaggiatori, che pernottano nel villaggio. In conclusione, si può dire, che la planimetria di questa fortezza rispecchia il profondo tradizionalismo e l’arcaismo nella struttura sociale delle città fortificate dell’antico Khorezm, alle quali appartiene anche la fortezza Janbas-Kala.

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