La Sitorai Mokhi Khosa

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A 4 km verso nord, lungo la strada che parte dalla cosiddetta “Porta di Samarcanda” e arriva sino a Gijduvan, sorge il magnifico palazzo estivo Sitora-i Mokh-i Khosa (“Palazzo che per bellezza somiglia alla luna ed alle stelle” о più semplicemente “Palazzo simile alla luna ed alle stelle”).

Questo complesso per qualche anno svolse la funzione di residenza estiva degli ultimi emiri di Bukhara. I suoi primi edifìci, che non si sono conservati, furono costruiti durante il regno dell’emiro Nasrulla Khan (1826-1860). Successivamente, nella costruzione si impegnò l’emiro Ahad Khan ma i principali edifici della residenza estiva vennero eretti durante il regno dell’ultimo emiro di Bukhara, Mir Seyd Alim Khan (1911-1920).

L’emiro, avendo intenzione di costruire qualcosa di nuovo ed originale che avrebbe unito gli elementi dell’architettura europea, le decorazioni dei palazzi persiani di Isfahan e la tradizione architettonica locale, decise di inviare i migliori architetti e artigiani locali a San Pietroburgo e Yalta perché vi studiassero le tecniche degli architetti russi.

Così nel 1890, sotto la direzione di Khoja Tafìz, venne eretto il Palazzo Vecchio, una parte del quale fu progettata dall’ingegnere Ignazio Sakovich, un’altra dall’ingegner Margulis. A questo lavoro parteciparono famosi artigiani di Bukhara come usto Zhura, maestro tornitore, usto Khojakul e usto Shirin Muradov, maestro di intaglio su ganch, con i suoi allievi.

Il complesso Sitora-i Mokh-i Khosa comprende parecchi cortili. Subito dopo il primo ingresso si apre un piccolo piazzale attorno al quale sono disposte molte stanzette, un tempo usate per diverse attività domestiche.
L’area delle udienze nel Palazzo Nuovo ha la forma della P greca. Sul lato nord si innalza una terrazza, chiamata “salomkhona” (zona dei saluti), nella parte nord ed ovest un tempo si trovavano le “ziyofatlar zali” (sale banchetti), la “kutish zali” (sala d’attesa), la “takhtkhona” (sala del trono) e la “khazinakhona” (tesoreria).
Tra le altre sale del palazzo, la sala del trono principale (Khona-i Safed), detta anche “Sala Bianca”, si distingue per la decorazione particolarmente raffinata e può essere considerata come uno dei migliori esempi di architettura tradizionale dell’inizio del Novecento. Questo lavoro, realizzato da usto Shirin Muradov con i suoi allievi, è giudicata una delle sue opere migliori e non a caso al grande maestro, nel cortile principale della residenza estiva, è stato dedicato un busto.
Il raffinato intaglio su ganch, nel quale nessun elemento decorativo viene ripetuto, costituisce un perfetto esempio dell’elevatissimo livello artistico raggiunto in tale campo dai maestri di Bukhara tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo.
Lo sfondo di specchi e gli intagli sull’abbagliante superfìcie del ganch bianco conferiscono alla sala un maestoso splendore. Nelle alte nicchie lungo le pareti sono esposti i vasi cinesi e giapponesi appartenenti alla ricca collezione dell’emiro. La sala è illuminata da un grande lampadario in bronzo, donato dallo zar Nicola II, il cui peso è di quasi 480 kg. Nel 1913 l’ingegner Margulis installò nel palazzo un generatore elettrico con un motore tedesco a cherosene che forniva l’energia elettrica a tutto il palazzo.
Dopo la fine dell’emirato di Bukhara, il Governo consegnò il palazzo Sitora-i Mokh-i Khosa al Bukhkomstaris con la raccomandazione di dedicare particolare attenzione all’organizzazione, nel palazzo, di un complesso museale.
Sfortunatamente il complesso fu saccheggiato e fu pertanto impossibile recuperarne gli arredamenti così come molti oggetti ed utensili domestici. Inoltre, dopo gli avvenimenti del 1920, la proprietà del palazzo venne sì requisita ma fu suddivisa fra varie organizzazioni, il che rese impossibile ripristinarne l’aspetto originario.
Tuttavia, quando l’Uzbekistan raggiunse la propria indipendenza, si venne a creare la concreta possibilità di arricchire (COME?) la collezione del museo Sitora-i Mokh-i Khosa. Così oggi possiamo dire che sia la collezione sia le sale del museo sono oggi assai più interessanti che in passato.
In ogni sala, decorata con tecniche, stili e materiali diversi, sono esposti i regali che l’emiro ricevette dalle missioni diplomatiche che si presentavano a corte, le fotografìe degli ultimi due sovrani di Bukhara, la collezione di piatti cinesi, prodotti originali dell’artigianato locale e molto altro ancora.
Dopo la “Sala Bianca”, una profonda impressione suscita anche la sala seguente, molto luminosa e che potrebbe, sia pur vagamente, ricordare parte della navata di una basilica bizantina. In questa sala, per la prima volta, furono usati dei vetri colorati, provenienti da manifatture russe.
Ogni tanto si incontrano anche delle stufe olandesi piastrellate diverse per colore e tipo di decorazione. Su di esse vi sono dipinti con vari soggetti. Tali stufe si conservano anche in altre sale del palazzo.
Uno degli edifìci del complesso, una specie di piccolo albergo per gli ospiti, “Khona-i Khasht”, ha nel centro un’interessante sala poligonale completamente circondata da altre stanze. Essa si distingue da tutte le altre per l’abbondanza delle decorazioni in oro sulle pareti, sul soffitto e nelle nicchie.
Questo edifìcio ospita il “Museo dell’abbigliamento nazionale di Bukhara nei secoli XIX-XX” nel quale si possono osservare costumi tradizionali dagli straordinari colori.
Sono particolarmente eleganti i capi realizzati in velluto ricamato con fili d’oro, qui esposti poiché, a cavallo fra i secc. XIX-XX, Bukhara divenne il centro più noto per questa tecnica. Questa attività allora rientrava nel novero delle occupazioni maschili ma, qualora vi fosse un eccessivo numero di ordinazioni, anche le donne della famiglia potevano collaborare. Le decorazioni dei ricami in oro spesso erano a soggetto floreale ma talvolta anche geometrico. Tra i motivi più diffusi notiamo rosette, palmette, cespugli, alberi, rami, vasi con fiori, mandorle, frutti di melograno, ciliegie e uva. Raramente venivano raffigurati uccelli, pesci, scorpioni, serpenti e tartarughe.
Nella parte meridionale del giardino, al bordo di un grande hauz rivestito di marmo, si trova l’edifìcio a due piani dell’harem dell’emiro, con accanto un piccolo gazebo-padiglione estivo al quale si sale con una breve scala. Dietro il padiglione sorge un basso minareto.
Nell’harem, dopo il restauro, venne allestito il Museo del ricamo e degli utensili domestici di Bukhara. Qui sono esposti piatti di ceramica appositamente creati per l’Asia Centrale dalle manifatture di Gardner e Kuznetsov.
Molte delle numerosissime e secolari tradizioni dell’artigianato locale, in particolare quello del ricamo, sono giunte sino ai giorni nostri. Attualmente questa e la tessitura tradizionale occupano un posto di particolare rilievo nel panorama della moderna arte nazionale dell’Uzbekistan e ciò per la loro grande importanza storico-culturale e per l’inestimabile valore artistico.
La collezione del museo comprende anche tessuti a disegni stampati, esclusivamente di cotone, come la tradizione prescrive. La tecnica della decorazione dei tessuti con degli stampi (“kolib”) ha una storia lunghissima ed era ancora ampiamente diffusa nella prima metà del XIX secolo.
In una delle camere da letto dell’harem è oggi esposta una collezione fotografica che mostra il tipico arredamento delle case tradizionali di Bukhara: i vari utensili domestici, strumenti musicali, il beshik (culla in legno), il letto e il sandal (un tipo di stufa).
Secondo attendibili informazioni ricavate da diversi archivi, oltre a molte migliaia di oggetti saccheggiati о confiscati durante il periodo sovietico fra gli anni 1928-84, ben 2264 pezzi vennero distribuiti fra musei ed organizzazioni varie di Mosca, San Pietroburgo ed Ivanovo oppure furono donati a privati. Purtroppo, a partire dal 1996 fino ad oggi, al museo ne sono stati restituiti soltanto 540.
Negli ultimi anni le collezioni dei musei del Sitora-i Mokh-i Khosa dedicate alle arti applicate sono state notevolmente arricchite ed ampliate.
Sin dai tempi antichi nell’Asia Centrale vi è la tradizione di creare i cosiddetti Chor Bog’ (quattro giardini) e pertanto tutte le costruzioni del complesso erano circondate da numerose piante. I costruttori del Sitora-i Mokh-i Khosa avevano previsto anche un’area per lo zoo ed un palcoscenico teatrale. Ma ormai non vi sono più né zoo, né teatro né i grandi giardini.
Attualmente, nel piccolo giardino rimasto si possono osservare soltanto dei “boriosi” che ancora animano cortili un tempo ben più vivaci.
Negli anni ’50, una parte del complesso venne affidata ad una clinica urologica appartenente ad un campo di pionieri. Nei 6 ettari del giardino del palazzo sono stato compiuto un lavoro di restauro in seguito al quale è stato possibile ripristinare le mura fortificative ed alcuni padiglioni della residenza.
ISTRUZIONI DI METODO:
1. Prima della visita alla residenza Sitora-i Mokh-i Khosa bisogna ricordare al gruppo di non dare cibo ai pavoni che si trovano nell’area del palazzo;
2. Accanto all’ingresso principale del complesso si deve mostrare il pannello con la pianta del complesso;
3. Nel cortile bisogna dare tutte le informazioni riguardanti gli edifìci circostanti, spiegando in dettaglio la funzione di ogni struttura;
4. Nei musei del palazzo, le informazioni non debbono essere concentrate solo sull’abbigliamento e sui ricami tradizionali ma devono riguardare anche le caratteristiche architettoniche degli edifìci, al fine di sottolineare la fusione di elementi stilistici occidentali ed orientali;
5. La spiegazione della guida deve durare circa 60 minuti;
6. Lasciare ai turisti almeno 30 minuti per le visite autonome e le fotografìe.
Compilato da: Abdunabieva D.A. – Capo specialista del dipartimento per la coordinazione degli studi educativi e metodologici dell’Istituto dello sviluppo del turismo.
Tradotto da: Raymanov A.
Istituto per lo sviluppo del turismo presso il Comitato statale della Repubblica dell’ Uzbekistan per lo sviluppo del turismo

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