Langar o Langar-Ota fuori Shakhrisabz

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A circa 40 km a sud dell’antica città di Shakhrisabz, ai piedi dei monti Gissar, nella provincia di Kamashi della regione di Kashkadarya, si trova un piccolo villaggio: Langar.

Nell’Uzbekistan esistono tanti altri villaggi di stesso nome, che si trovano non solo nella regione di Kashkadarya, ma anche nelle regioni di Surkhandarya, Fergana e Navoi. Inolre li troviamo anche in Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan e India.

Uno storico del medievo Ibn Hawkal testimonia che questo territorio prima apparteneva alla provincia Siam, conquistata da Kesh, e che dopo il 776 d.C. questo nome divenne ampiamente noto. Mentre Abu Raikhan Biruni in uno dei suoi saggi scrive che proprio qui nacquero le idee del profeta Mazdak. È interessante notare anche il fatto che durante gli scavi archeologici effettuati a Katta Langar, vennero trovati i mattoni del periodo samanide. Ma sfortunatamente nessuno di questi edifici è riuscito ad arrivare fino ad oggi.

Oramai è possibile vedere soltanto gli edifici costruiti nel XVI secolo, di cui il più grande ed il più antico è la moschea (28,5×33 m) eretta secondo il cronogramma a mosaico conservatosi sopra l’ingresso nel 921/1515-16. La struttura della moschea con una veranda (ayvan) sul lato meridionale fu fatta di mattoni cotti e ricoperta di tetto piatto. Il soffitto dell’aivan è decorato con i cassettoni sorretti dalle snelle colonne intagliate messe sui basamenti di pietra. Il materiale delle colonne è il legno di platano o di olmo. La sala principale della moschea è decorata con un fregio ornamentale ed i pannelli in maiolica.
Secondo una delle leggende al momento di compimento di lavori i costruttori scoprirono che non avevano abbastanza legno per la produzione dell’ultima colonna, ma sotto le mani del grande sufi Muhammad Sadyk, un cespuglio di cotone si trasformò in un albero, il che permise di finire la costruzione. Nel cortile della moschea si vedono due massici basamenti di pietra preparate per le colonne. Secondo un’altra leggenda, a colui che sarà in grado di metterne in piedi almeno uno, verranno perdonati i “peccati minori”.
Nello stesso periodo fu eretto anche il mausoleo di famiglia (8,2×8,45 m), coperto da un’alta cupola, sotto la quale vennero sepolti tre sceicchi dell’ordine: Abu-l-Hasan II, suo figlio Sheikhzade Muhammad Sadik e il figlio dell’ultimo Abu-l-Hasan-akhund. Questo austero, persino ascetico edificio di mattoni cotti è quasi privo di alcuna decorazione, soltanto le poco profonde nicchie ad arco animano la piatta superficie delle pareti. Sopra l’ingresso principale si eleva un piuttosto potente portale. La simmetria dell’architettura del mausoleo leggermente stona un aivan adiacente al mausoleo.
La cupola sormontata da un alto tamburo è coronata da una guglia composta da quattro sfere, che simboleggiano il raggiungimento di tutti i quattro stadi di illuminazione ottenuto dal sufi che riposa nel mausoleo.
Ogni sfera rappresenta una delle fasi dell’illuminazione: la prima è la Sharia – il costante studio dei sacri precetti e il loro zelante adempimento. Il secondo stadio è la tarikat – la ricerca della perfezione e la completa dedizione di sé stesso a questo obiettivo. Il terzo stadio è la maarifat – la comprensione soprasensibile dell’unità dell’Universo dentro Dio, la cognizione della perfezione e dei concetti del bene e del male tramite i propri spirito e cuore. Il quarto stadio è l’hakikat – la comprensione della verità più elevata, la fusione della propria coscienza con quella divina, la sua totale dissoluzione nel divino, il più alto punto del percorso verso l’eccellenza.

Sui fregi del khanaka, della moschea e del mausoleo si sono conservate varie iscrizioni musive con il contenuto principalmente coranico (Corano, 2: 183, 256, 257, ecc.).

A giudicare dal materiale epigrafico delle sepolture di Katta Langar, nel vasto cimitero (mazaristan) a mano a mano apparso intorno al primo mausoleo oltre agli sceicchi e ai loro discendenti furono sepolti anche i rappresentanti dell’aristocrazia militare turca. Nella maggior parte dei casi gli epitaffi scritti in arabo, uzbeko antico e tagico-persiano menzionano altrettanto i clan a cui loro appartennnero (Kiyat, Mangit, Naiman, Bilkut, ecc.).
In questo modo nel corso dei secoli qua si formò un notevole complesso composto da un cimitero, un mazar, una moschea con vari annessi, compresi i locali per cucinare, una nuova sala della moschea (fine del XVII – inizio del XIX secc.). Successivamente furono restaurati e reintrodotti in uso i vecchi edifici. Tuttora i pellegrini provenienti dalla valle di Kashkadarya e da altre regioni affluiscono verso questi antichi santuari. E fino a tempi recenti qui vennero celebrate le antiche feste come sayyil, gul-i surkh, ecc., accompagnate dai riti che ricordavano lo dhikr “ad alta voce” (jahr), che in precedenza per i seguaci dell’ordine Ishkiyya fu uno dei principali metodi per avvicinarsi alla conoscenza divina.
Suscita il particolare interesse anche il famoso scrigno situato nella moschea, prodotto, secondo un’iscrizione messa su uno dei lati, su ordine di Muzaffar Khan (1860-1885) per conservare le sacre reliquie dell’ordine Ishkiyya, che erano: tasbih – il rosario di perle gialle, presumibilmente del profeta Muhammad (viene mostrato ai pellegrini arrivati in ziyarat, senza permesso di toccarlo); mui-i mubarak – un capello sacro della barba di Maometto; il ormai perduto saio (hirka) di Profeta ed il “Corano di Osman”.
Al giorno d’oggi si sa per certo che fu proprio Katta Langar a custodire una delle più antiche copie del Corano, che ancora all’inizio del secolo scorso aveva avuto 143 fogli. Ora ne sono rimasti solo 15. Queste ultime reliquie sono state trasferite presso l’Amministrazione spirituale dei musulmani dell’Uzbekistan. Per volontà del destino, alcuni dei fogli del Corano di Katta-Langar si trovano a San Pietroburgo, negli archivi della filiale dell’Istituto di studi orientali dell’Accademia delle scienze russa, un foglio è rimasto nell’Istituto di studi orientali dell’Accademia delle scienze della Repubblica dell’Uzbekistan e altri due nel 2007 sono stati trovati nella collezione della Biblioteca regionale di Bukhara di Abu Ali ibn Sina. Il resto del libro fu perso completamente.
Ma che cosa significa la parola “Langar”? Questa parola persiana conta diversi significati. Con questo termine definiscono sia un’ancora, cioè l’oggetto che lega e tiene qualcosa in un certo posto sia un lungo perno con cui i funamboli mantengono l’equilibrio sia un “lungo palo”, con il quale viene spinta la barca. Inoltre all’epoca quando ancora per il territorio dell’Asia transitavano le carovane, così venivano chiamati i più consueti luoghi di sosta, dove commercianti e viaggiatori si fermavano dopo i lunghi e faticosi tragitti. Forse fu da quest’ultimo che nacque un altro significato più “sublime” di questa parola. Nei tempi antichi, il termine “langar” venne altrettanto usato per riferirsi alle abitazioni dei santi – i capi degli ordini sufi, dove loro vivevano e da dove diffondevano i loro insegnamenti. Ma l’ingresso a questi conventi era consentito pure alla gente comune: ai pellegrini in viaggio verso lontani santuari o a chiunque che avesse bisogno di aiuto. Per questo motivo i langar spesso chiamavano “le case di Dio sulla terra” o “le case della salvezza”.
Allora, perché proprio qui sorse questo complesso, e a che cosa deve il nome questo villaggio? Secondo le disponibili testimonianze storiche ovvero le leggende che racconta il popolo, la derivazione di questo nome è legata alla storia di un giovane ragazzo di un’antica e nobile famiglia, che una volta arrivò in queste terre. Una di queste leggende narra come il fondatore della confraternita Ishkiyya – Babai Ishki, nato nei dintorni della Mecca, in una nobile famiglia locale, dopo essere diventato una riconosciuta autorità tra gli ulam (studiosi dell’Islam), litigò con il governatore della Mecca, perché entrambi rivendicavano il possesso dell”autentico “Corano di Uthman”. Di conseguenza, il governatore mandò il colera sulla famiglia di Babai Ishki. Però questi riuscì a salvare il suo giovane figlio, Muhammad Sadyk, che nascose in una bisaccia (insieme al sopramenzionato Corano), che attaccò alla gobba di un cammello bianco e lo mandò via. Il cammello, che camminò finché non si esaurì la sua gobba, arrivò nel luogo dove ora si trova Katta Langar.
Un’altra leggenda descrive il momento dell’arrivo di Muhammad Sadyk al “nuovo” Langar in forma più poetica. Figlio di un sufi e nipote di un sufi, Muhammad Sadyk fece il murid da Babai Ishki – il fondatore dell’ordine Ishkiyya. E ogni mattina aveva il compito di portare al suo sceicco dell’acqua per abluzione. Ma una volta, il giovane, in attesa della preghiera, si sedette sotto un albero con il kumgan stretto sotto il cuore per riscaldare l’acqua e all’improvviso si addormentò. E fu svegliato da un forte calore poiché l’acqua nel kumgan cominciò a bollire. Lo studente stupito si avviò immediatamente dal suo insegnante e gli mostrò il kumgan chiedendo di spiegargli questo miracolo. E lo sceicco Babai Ishki, aver compreso subito il motivo, disse che il suo murid ebbe già raggiunto il livello più alto di illuminazione e che lui non avrebbe potuto insegnargli niente di più. E che da quell’ora loro due non sarebbero dovuti trovarsi nello stesso luogo, siccome Muhammad fu giunto al momento di fondare un suo convento. E dopo avergli consegnato le reliquie dell’ordine – il Corano di Osman e gli hirka (saio) del Profeta, lo sceicco lo benedisse al viaggio, ordinandogli di fondare la confraternita solo dove il suo cammello non si sarebbe alzato in piedi per tre giorni. Durante il viaggio attraverso deserti e montagne il cammello di Muhammad Sadyk si fermò due volte, ma si alzò sempre prima dell’orario stabilito dal maestro. E infine, quando il cammello esausto si sdraiò per terra per la terza volta e vi rimase tre giorni, il luogo fu trovato. In tal modo tra le montagne, in un profondo canyon tagliato dal fiume Koksu apparve Langar-ota.
A Langar-Ota ai visitatori tuttora fanno vedere un macigno particolare, in cui con una certa fantasia si potrebbe riconoscere un cammello caduto in terra. Per gli abitanti locali, questa pietra è diventata una specie di monumento al leggendario cammello che portò qui lo sceicco.
Certamente va descritta più dettagliatamente anche la storia dell’ordine a cui appartenne Muhammad Sadyk. Si ritiene che in Asia centrale siano apparse e abbiano condotto le loro attività 4 principali confraternite sufi: Naqshbandiyya, Yassaviya, Kubraviya e Ishkiyya.
Il fondatore della confraternita Ishqiyya fu Abu Yazid al-Ishki, che visse nel XIII sec., pose come l’obiettivo del Cammino per i suoi discepoli il totale amore verso Dio (‘ishk), che distoglie il cuore del Viaggiatore (salik) da tutto ciò che accade intorno – “nei luoghi lontani dalle città e dai bazar rumorosi, dove si sente soltanto lo fruscio del vento, il mormorio dell’acqua e il canto di uccelli”. Di conseguenza l’ascetismo personale degli sceicchi divenne uno dei principi fondamentali della confraternita.
Il convento (langar) di Abu Yazid al-Ishki situato nelle montagne Nur-Astana-ata divenne il primo centro dell’Ishkiyya in Maverannahr. Tuttavia, in seguito gli sceicchi di Ishkiyya furono costretti a limitare le loro attività nella valle di Kashkadarya, dove alla fine del XV secolo fondarono i nuovi conventi: Katta-Langar (provincia di Kamashi) e Kichik Langar (provincia di Chirakchi). Si ritiene che il principale motivo di spostamento del centro della confraternita sia stato il conflitto tra uno dei capi della confraternita Ishkiyya con il capo politico-spirituale della confraternita Naqshbandiyya, Khoja Akhrar.
Alcuni come spiegazione dell”esodo” dell’Ishkiyya considerano la pressione da parte di Khoja Akhrar (che poi ottenne un’influenza significativa sui Temuridi), irritato dal desiderio di alcuni dei suoi studenti di stabilire il contatto spirituale con lo sceicco Ilyas Ishki.
Ma dopo la conquista del Maverannahr da parte degli sheibanidi, gli sceicchi di Kashkadarya ripresero la loro perduta influenza politica. E il centro principale della confraternita divenne Katta Langar.
Va detto che la gestione politico-spirituale nella confraternita, nel corso tra circa il XV-XVI secc., fu ereditaria. Quindi l’Ishkiyya fu una delle prime confraternite sufi in Mavarannahr (dopo il kubraviya/baharziyya a Bukhara), in cui venne praticato tale tipo di amministrazione. Gli sceicchi dell’ordine continuarono la loro attività fino all’inizio del XX secolo nella valle di Kashkadarya e Bukhara.
Questa è la storia di Katta Langar, di un fantastico angolo dell’Uzbekistan. Qui la natura stessa chiama all’unità con la natura e alle riflessioni sul senso della vita. Le colline, come un indistruttibile muro, proteggono la pace di Langar dal trambusto delle città, il mormorio di fiume accarezza l’orecchio e calma corpo e anima. Lo spirito dei grandi sufi tuttora regna in questi posti, lo spirito degli asceti, distaccatisi dalle preoccupazioni mondane in sforzo di conoscere l’Onnipotente.
INDICAZIONI DI METODO:

1. Prima della visita al complesso avvertire i turisti del comportamento ed abbigliamento corrispondenti e che all’ingresso della moschea e del mausoleo sarà necessario togliersi le scarpe;
2. Avvertire che per visitare il mausoleo e la moschea bisognerà salire sulle colline dove essi si trovano. Di conseguenza occorre assicurarsi della possibilità fisica dei turisti di fare queste salite;
3. Si consiglia di iniziare l’escursione dalla moschea;
4. La spiegazione della guida al mausoleo deve durare circa 40 minuti compreso il tempo per salire;
5. La spiegazione della guida alla moschea deve durare circa 30 minuti compreso il tempo per salire;
6. Ai turisti si lasciano almeno 10-15 minuti in ciascuno monumento per visite autonome e le fotografìe.

Compilato e tradotto da: Raymanov A.A.: guida di II categoria.

Istituto per lo sviluppo del turismo presso il Comitato statale della Repubblica dell’ Uzbekistan per lo sviluppo del turismo

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